14 Novembre 2016PICCOLI PRINCIPI, VOLPI E PENNE MALINCONICHE
Mi affascina da sempre constatare quanto le parole, nel senso più fisico del temine, siano vive e mutevoli.Le possiamo definire modaiole? Spero che l’Accademia della Crusca non protesti tra un conato di incredulità e un rigurgito di disgusto a questo mio pensiero ma…ebbene sì. Le parole sono modaiole. Si modificano e si plasmano seguendo il corso del tempo, mantenendo la propria struttura e le radici originarie, ma mutando sottilmente il contenuto e le sfumature. Perché questo pensiero? Colpa della domenica, temo. Ieri, in un pomeriggio di lettura davanti ad un camino acceso, tenendo tra le mani “Il Piccolo Principe” di Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry pubblicato nel 1943 (tranquillizzo chi non lo avesse ancora letto, il libro è molto più corto del cognome dell’autore) mi sono soffermata su uno dei miei passi preferiti. Quello in cui, il Piccolo Principe che vaga in cerca di amici, incontra la volpe. L’animale, annoiandosi di una vita monotona e povera di contenuti, chiede al Piccolo Principe di essere addomesticata. Credo che il primo pensiero di tutti sia “Che brutta cosa!”. Anzi. “CHE BRUTTA COSAAAA!!!”. (Chissà perché quando le persone si indignano, parlano sempre in maiuscolo e con spreco di vocali finali…)Ma torniamo al succo del discorso. Perché tanta indignazione? Forse perché siamo portati a pensare al termine “addomesticare” dei nostri giorni, in cui animali coercisi, vengono dati in pasto ad un pubblico pagante e obbligati a ripetere innumerevoli volte, spettacolini degradanti. Addomesticare ha assunto, per noi persone moderne, un significato negativo, fatto di punizioni e privazione della liberta che molto spesso, se non sempre, conduce l’animale in una gabbia eterna. Ma è sbagliato. O meglio, è sbagliata la chiave di lettura che utilizziamo. Ricordate le parole modaiole? Sì? Perfetto, perché addomesticare è una di queste. In origine possedeva un’eccezione positiva. E Antoine de Saint-Exupéry (ho utilizzato il nome in forma breve, altrimenti questo blog non finisce più) la esprime con una grazia e profondità senza eguali. Vi riporto alcune parti del capitolo incriminato, per spiegarmi meglio. "Chi sei?" domandò il piccolo principe, "sei molto carino..." "Sono una volpe", disse la volpe. "Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, “sono così triste..." "Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomesticata". "Ah! scusa", fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: Che cosa vuol dire ?" "Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che cosa cerchi?" "Cerco gli uomini", disse il piccolo principe. "Che cosa vuol dire ?" "Gli uomini" disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano. E' molto noioso! Allevano anche delle galline. E' il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?" "No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire "?" "E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire ..." "Creare dei legami?" "Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo". "Comincio a capire" disse il piccolo principe. "E ancora…"La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano..." La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe: "Per favore... addomesticami", disse. "Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose". "Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" "Che cosa bisogna fare?" domandò il piccolo principe. "Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino..." Il piccolo principe ritornò l'indomani. "Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe. "Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti". "Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe. "Anche questa è una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe. "E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza". Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l'ora della partenza fu vicina: "Ah!" disse la volpe, "... piangerò". "La colpa e' tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..." "E' vero", disse la volpe. "Ma piangerai!" disse il piccolo principe. "E' certo", disse la volpe. "Ma allora che ci guadagni?" "Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".Ecco. C’è altro da aggiungere? Non credo. Addomesticare. Creare legami. Non catene o vincoli. E’ come avere bisogno di qualcosa senza averne bisogno. Può sembrare un nonsense ma in effetti non lo è. E’ qualcosa di meraviglioso. La volpe sa che dovrà pagare il prezzo della felicità, eppure lascia che questo legame si crei. Vuole essere addomesticata. Tornando al focus del discorso, trovo giusto e inarrestabile il cambiamento in generale. Quindi anche il significato delle parole deve seguire il naturale processo di adeguamento. Le parole che non si adeguano, finiscono per estinguersi. Triste ma vero. Ciò che oggi rappresenta a livello lessicale un orpello, viene abbandonato in funzione di una vita così veloce da non poter concedere tempo ad un linguaggio troppo articolato. Credo però che in alcuni casi, il progresso abbia portato ad una perdita di poesia, quel romanticismo che esisteva nel modo di usare le parole di una volta e che ora pare sparito. Non so, può essere che stia esagerando, e la mia penna immaginaria sia quanto mai malinconica. Colpa del Piccolo Principe forse, che ha il potere di commuovermi ogni singola volta come fosse la prima. Ma non posso trattenermi dal pensare che, per un’illogica contestualità, oggi che abbiamo tanti mezzi per creare legami, siamo quanto mai poco addomesticati. C.F.